Élites Politiche e Istituzioni nel pensiero di Guido Dorso
È innegabile che il Sud abbia espresso uomini politici di grande, spesso enorme spessore, Moro, in primo luogo, anche per il suo martirio, ma accanto a lui, i campani Napolitano e De Mita, il pugliese Di Vittorio, già ricordato, il calabrese Giacomo Mancini, i siciliani Macaluso, Li Calzi, il nostro presidente Mattarella, per citarne solo alcuni. Ma singole personalità, come ci insegna Dorso, non sono di per sé sufficienti per caratterizzare una complessiva classe dirigente, della quale possono essere Maestri, esempi, ispiratori, ma niente di più. La classe dirigente, la cui insufficienza si può facilmente registrare oggi nei governi locali, nelle municipalità non meno che nelle regioni, per essere tale e connotarsi quanto a funzionalità ed efficienza, deve coinvolgere parti apprezzabili della società meridionale, della sua cultura, delle sue libere professioni, della sua burocrazia, deve trovare la sua genesi essenziale nella selezione operata dai partiti, ma tutto ciò tarda a venire ovvero si realizza, in concreto, in modi insufficienti, incompiuti, inadeguati. E questo appare in termini netti ed inequivocabili nella esperienza passata ed in quella in corso del governo locale, sulla quale Dorso ha scritto molto, anticipando, e non di poco, le teoriche e le problematiche dell’autonomismo che di lì a poco saranno oggetto di grande discussione in sede di assemblea costituente.